Loxias-Colloques |  17. Arrigo Boito cent ans après 

Walter Zidarič  : 

Nerone, l’opera (di una vita) incompiuta di Boito

Résumé

Nerone, l’opéra (d’une vie) inachevé de Boito
En 1860 déjà, Boito commence à ébaucher un Nerone musical mais ce n’est qu’en 1901, l’année de la mort de Verdi, qu’il publie sa tragédie en quatre actes Nerone, sans toutefois jamais achever l’orchestration. Complété par Arturo Toscanini, Antonio Smareglia et Vincenzo Tommasini, qui essaient de suivre les indications laissées par Boito, l’opéra est créé à la Scala de Milan le 1er mai 1924, avec un grand succès, et jusqu’à nos jours il a été gravé sur disque six fois. Dans cet article on s’interroge sur la genèse, la très laborieuse ‘gestation’ ainsi que sur la création (posthume) de l’opéra.

Abstract

Nerone, Boito’s unfinished opera (of a lifetime)
Already in 1860, Boito began to sketch a musical
Nerone, but it was not until 1901, the year of Verdi's death, that he published his tragedy Nerone, in four acts, without ever completing the orchestration. Completed by Arturo Toscanini, Antonio Smareglia and Vincenzo Tommasini, who try to follow the remarks left by Boito, the opera was premiered at La Scala in Milan on May 1st, 1924, with great success, and until today it has been recorded six times. In this article we question the genesis, the very laborious ‘gestation’ as well as the creation (posthumous) of the opera.

Riassunto

Già nel 1860 Boito comincia ad abbozzare un Nerone musicale ma è soltanto nel 1901, anno della morte di Verdi, che pubblica la tragedia Nerone, in quattro atti, senza però mai completarne la partitura. Il Nerone, completo nello spartito ma non interamente strumentato, viene ultimato da Arturo Toscanini, Antonio Smareglia e Vincenzo Tommasini che tentano di seguire le indicazioni e le annotazioni lasciate da Boito. L'opera è rappresentata per la prima volta alla Scala il 1º maggio 1924, con grande successo, e vanta fino a oggi sei incisioni discografiche. In questa sede ci s’interroga sulla genesi e sul parto (postumo) travagliato dell’opera.

Index

Mots-clés : Boito (Arrigo) , drame musical, opéra

Palabras claves : dramma musicale , Nerone, opera in musica, romanità

Texte intégral

Vous êtes un noble esprit, et, comme tous les vrais poëtes, vous combinez puissamment la poésie philosophique avec la poésie chimérique1.
(Victor Hugo ad Arrigo Boito)

Maestro di tutte le arti, occulto, pieno di segreti, che facilmente gioca e non rivela mai il gioco difficilissimo a cui sembra di continuo intento il suo spirito ; dedito a un ozio senza riposo perché sa con che lenta sapienza il tempo formi il diamante nel cuore della roccia.
(G. D’Annunzio,
Il compagno dagli occhi senza cigli)

Dopo essersi diplomato al Conservatorio di Milano nel 1861, il non ancora ventenne Arrigo Boito trascorre vari mesi a Parigi, in compagnia dell’amico e collega Franco Faccio — dove, tra l’altro, incontra Giuseppe Verdi per la prima volta, nella primavera del 1862 —, per poi continuare il suo periplo europeo in particolare attraverso i paesi germanici e la Polonia, ove soggiorna presso parenti materni, in vista di un ritorno a Milano alla fine dell’estate del 1862. Non aveva al suo attivo che la cantata Il quattro giugno (1860) e il mistero Le sorelle d’Italia (1861), dei quali aveva anche scritto il testo. Dopo l’incontro con Verdi, scriverà per lui il testo dell’Inno delle nazioni, per l’Esposizione universale di Londra del 1862, ma dalla sua corrispondenza, che ripercorreremo rapidamente in modo cronologico, comincia a comparire già sin da questi anni giovanili il nome di Nerone, il quale diverrà un motivo costante, per non dire ossessionante, durante tutta la vita di Boito. Infatti, seppure egli pubblicherà la tragedia intitolata all’imperatore romano nel 1901, non ultimerà mai invece l’opera omonima, che sarà completata sei anni dopo la sua morte da un paio di artisti coadiuvati da Toscanini.

Le prime notizie in merito al Nerone sono già presenti in due lettere inviategli da suo fratello Camillo nel febbraio e nel marzo 1862 : « Hai tu condotta innanzi la strumentazione del Faust ? Hai tu ideato il Nerone ? » (febbraio 1862) ; « Sul Nerone, che mi dispiace tu abbia pensato di abbandonare, e su altre opere di là da venire, ti scriverò lungamente quando sarai nella solitudine di Mystki, non distratto dal via vai di codesta babilonia chiassosa » (14 marzo 1862)2.

Come sottolineò giustamente Piero Nardi, autore della prima biografia su Boito, « Mefistofele e Nerone dovevano occupare già la mente di Arrigo fin da prima dell’andata a Parigi, fin dagli anni del Conservatorio3 ».

Da Mystki, durante il soggiorno polacco, Boito informa Paolo Reale il 19 aprile 1862 :

Io qui, giacché bisogna sempre cascare in quella tediosa persona prima, me la passo alla moda di Gian Jacopo, e fantastico de’ mostruosi lavori nel cervello. E in questo momento, per farla ridere, sono sotto l’influsso magnetico di Tacito ; e medito un gran melodramma, che sarà battezzato con un terribile nome : Nerone4.

Da dove scaturisce l’interesse boitiano per l’imperatore romano ? Certamente la figura di Nerone è presente nel melodramma sin dai suoi albori, dato che compare già ne Il Nerone, ossia L’incoronazione di Poppea (1642) di Claudio Monteverdi e Giovanni Francesco Busenello ma, è importante sottolinearlo, come personaggio positivo, di amante appassionato, ben lungi dall’immagine cristallizzata del tiranno matricida e incendiario tramandata dalla tradizione. Se un certo interesse per il personaggio storico rinasce a Parigi negli anni che seguono la Rivoluzione francese, con la tragedia del 1793, Épicharis et Néron, di Gabriel Marie Jean Baptiste Legouvé (o Le Gouvé) (1764-1812), in cui il ruolo dell’imperatore è recitato dal celebre Talma, è soprattutto in epoca romantica, grazie ad Alexandre Dumas, con il dramma Acté del 1839, di cui molto probabilmente Boito era al corrente (ed è forse proprio questo il punto di partenza, il primo soggiorno parigino), che la figura di Nerone ritrova una certa familiarità con il pubblico europeo.

Nel corso degli anni 60 e oltre, fino alla morte di Boito, in realtà, gli ‘sviamenti’ in cui incappò l’autore, così come li definì Piero Nardi, furono numerosissimi data la sua bulimia lavorativa, tuttavia, come ha suggerito Morelli :

Non pochi documenti ci aiutano a immaginare che l’esperienza dell’ ‘opera impossibile’, ovvero dell’opera inconclusa in quanto inconcludibile, dell’opera di cui perennemente è ‘notificata’ l’assenza attraverso le dichiarazioni dei modi progressivi della propria inesistenza (non ultima, la più plateale, delle notificazioni, reclamizzatissima, la vivificazione artificiale dei suoi resti), l’opera irrealizzata del ‘grande denudamento del vero’, il Nerone, abbia le dimensioni temporali acconce a contenere, come ‘sviamenti’, tutte le altre opere5.

Quindi il Nerone di Boito potrebbe essere una sorta di summa di tutta l’attività creativa dell’artista, ma forse il carattere (volontariamente ?) incompiuto dell’opera rivela o potrebbe rivelare altro, come cercherò di dimostrare senza, però, soffermarmi su un’analisi del libretto6.

Esistono varie versioni manoscritte non datate del Nerone che rivelano le varie tappe di elaborazione del progetto, il quale subì non poche modifiche dato il lungo periodo di gestazione e, come afferma Morelli : « le stesse carte ci rivelano […] che Boito abbia faticato non poco a liberarsi di ciò che le prime tele prevedevano : una struttura grand’operistica tout court, e molto convenzionale7 ».

Seguendo la cronologia degli eventi riportata da Nardi, ritroviamo Boito che ha sempre accanto a sé Nerone, metaforicamente parlando, mentre è occupato altrove, come ricorda Faccio, l’8 luglio 1862, quando riceve da parte sua il libretto di Amleto :

Ripartendo dalla Polonia, alla fine dell’estate del 1862, Boito scrive a Faccio il 3 settembre :

Non ti meraviglierai se ti annunzierò che son ridiventato poltrone, poiché sai che l’oziosità la è stata pur sempre la mia terzana, per modo che anche stavolta dalle furie delle elucubrazioni neroniane sono piombato nella più stagnante inoperosità mentale ; non corporale però, ché mi muovo e m’agito in ogni sorta d’esercizi delle membra […]8.

Il 13 settembre dell’anno seguente, su La Perseveranza, Arrigo firma un articolo interessante, dal titolo « Cronaca musicale », in margine alla rappresentazione, alla Scala, de Il vecchio della montagna di Cagnoni che ci dà la misura delle sue idee molto precise riguardo l’opera in musica ed è, forse, già qui che si può evidenziare quella che io definirei, parafrasando i noti termini di Adriano Tilgher riferiti al teatro di Pirandello, dicotomia tra ‘arte e forma’, la quale lo condurrà, più di cinquant’anni dopo, all’impasse di Nerone. Eccone un brano :

V’han nella lingua degli uomini parole e sensi che di leggieri s’ingarbugliano, e che, in materia d’estetica specialmente, è utile lo strigare : due di queste parole sono forma e formula. I Latini, che la sapevano lunga, fecero colla seconda il diminutivo della prima ; ma i Latini sapevano anche parlare, sapevano anche pensare più chiaramente di noi. La forma, la estrinseca manifestazione, la bella creta dell’arte, ha tanto di comune colla formula, come un’ode di Orazio col rimario del Ruscelli, come i raggi di Mosè con le orecchie dell’asino. E ciò che ne preme tosto di dire si è che, da quando il melodramma ha esistito in Italia infino ad oggi, vera forma melodrammatica non abbiamo avuta giammai, ma invece sempre il diminutivo, la formula. Nata con Monteverdi, la formula melodrammatica passò a Peri, a Cesti a Sacchini, a Paisiello, a Rossini, a Bellini, a Verdi, acquistando, di mano in mano che passava, (e molto in questi ultimi sommi) forza, sviluppo, varietà, ma restando pur sempre formula, come formula era nata. Le denominazioni aria, rondò, cabaletta, stretta, ritornello, pezzo concertato, son tutte là, schierate in dritta fila per affermare l’asserto. L’ora di mutare stile dovrebb’essere venuta, la forma vastamente raggiunta dalle altre arti dovrebbe pure svolgersi anche in questo nostro studio ; il suo tempo di virilità dovrebb’essere pieno ; ci si levi la pretesta e lo si cuopra di toga, ci si muti nome e fattura, e invece di dire libretto, picciola parola d’arte convenzionale, si dica e si scriva tragedia come facevano i Greci. Tutto questo discorrere affrettato… conduce naturalmente a concludere che oggi non è dato far della bella né della buona musica, non solo sopra un cattivo libretto, ma sopra un libretto9.

In un altro scritto dell’anno seguente, « Mendelssohn in Italia », apparso su Il Giornale della Società del Quartetto, Boito si lascia andare a una riflessione implicita sul proprio dramma personale, cioè fare musica e poesia al contempo, che egli definisce in modo chiaro come :

Timor dell’Arte. Abbiamo trovata una non disutile definizione in queste tre parole. Timor dell’Arte ! Chiedete a Beethoven cos’era, chiedete a Meyerbeer ed anche ai nostri vecchioni del cinquecento, a Marcello, a Palestrina, a quelle anime tanto dissimili dalle nostre, a quei giganti, e a quell’altro ciclope, Dante. Se non sentite sgomento nell’evocare tanti lemuri maravigliosi, fate loro questa domanda. Chiedete a Shakespeare perché abbia pensato più di vent’anni all’Amleto, chiedete a Goethe perché abbia lavorato tutta la vita al Faust, voi che scrivete cento opere in dieci anni10.

Se Boito è occupato altrove e su più fronti al contempo, nel corso degli anni 60, e ricordiamo soltanto la prima versione del suo Mefistofele che cadrà alla Scala nel marzo 1868, l’idea di un Nerone sembra solleticare anche Verdi all’inizio del 1870. Quest’ultimo vi accenna infatti in una lettera a Camille Du Locle del 23 gennaio 1870 ove, richiestigli alcuni scritti di Wagner, aggiunge : « Vi prego di aggiungervi anche Acte e Neron. Io credo sempre che Nerone possa essere soggetto per una grand’opera, ben inteso, fatto a modo mio. Diverrebbe così impossibile all’Opéra ma possibilissimo qui11 ».

Tra il 1870 e il 1871 le riflessioni in merito all’imperatore romano tornano in varie lettere che il bussetano scambia con Giulio Ricordi ; quest’ultimo sa che Boito lavora al Nerone e così tenta, al contempo, un avvicinamento tra il librettista e il compositore che, come è noto, non avevano più rapporti dalla pubblicazione dell’Ode saffica col bicchiere in mano del 1863 che aveva irritato fortemente un Verdi altamente suscettibile12. Tra l’8 e il 9 febbraio 1870 Ricordi si reca in visita a Genova dal compositore e, tornato a Milano, gli scrive il 10 febbraio :

Oggi, riescii interrogando adroitement a sapere che Boito non s’è messo per anco a musicare il Nerone, del quale anco non ha neppure terminato il libretto. Ora sta a studiarsi un mezzo per riescire a sapere quali idee esso abbia in proposito : se assolutamente esso faccia un totale assegnamento su tale soggetto, e ciò senza lasciar trapelare di che cosa si tratti. Dalle poche parole dettemi da terza persona, mi pare che esso abbia trattato tale argomento da un punto di vista diverso da quello che Ella mi ha accennato. Certamente il Nerone è un soggetto splendido, grandioso, interessante e prima di lasciarlo da parte non crede Ella, Maestro, di tentar qualche cosa da questo lato ? Su ciò si fecero poche parole, perché da quanto mi disse lo stesso Boito mi sembrava che non solo il libro fosse terminato, ma che lo avesse incominciato anche a musicare. Ora secondo le recenti informazioni ciò non sarebbe : la prego dirmi che cosa pensa in proposito13.

Verdi gli risponde, qualche giorno dopo, il 14 febbraio :

È ben difficile un Dramma per musica ! Più ci penso e più gli ostacoli crescono. Non è certamente impossibile trovare un fatto storico atto a musicare, ma il difficile sta nell’innestare in questo fatto il Dramma ossia l’azione. Sia poi in Nerone, sia in Alarico abbiamo grandi quadri, caratteri, costumi spettacolo etc. etc. ma ci vorrebbe una creazione, come p. e. la Fides del Profeta, o la Valentina degli Ugonotti. Non è una piccola bagatella !
Mandate a prendere per conto mio a Madrid i seguenti due Drammi
La Vengeance Catalana di Guttierez
El Zapateado, el Rey di Zorilla
14.

Il modello al quale pensa Verdi è quello di Meyerbeer, ma Ricordi non riesce a convincerlo per una nuova opera e per il momento nulla sa delle trattative che il compositore sta tessendo in segreto per la futura Aida del Cairo grazie all’aiuto di Du Locle. Tuttavia, a causa della guerra franco-prussiana, la prima di Aida slitta di un anno — Il Cairo, 24 dicembre 1871 — mentre all’inizio del 1871 va in scena alla Scala Amleto di Faccio e Boito.

Ricordi non demorde e torna nuovamente all’attacco con Verdi, dopo aver incontrato Boito varie volte ; il 26 gennaio 1871 gli scrive una lunga lettera che è ormai considerata il punto di partenza perché si arrivi, qualche anno dopo, con o senza Nerone, a far collaborare i due artisti. Va notato che Ricordi sembra riuscito a far rinunciare il poeta, Boito, il quale sacrifica il proprio ‘sogno’ per collaborare con il bussetano (altro ‘sogno’) ; tuttavia, resta da convincere quest’ultimo :

Le spedii un libretto dell’Amleto ed a proposito entro di botto in un Gran progetto ! ! Ch’Ella sa ch’io mi rumino peggio d’une bue ! !... Dunque, Ella mi fece motto due o tre volte del Nerone… e vidi che questo soggetto non le spiaceva. Jeri Boito fu da me ed io punf ! Sparai la cannonata : Boito mi domandò una notte di riflessione e stamane fu qui, e si trattenne lungamente meco di questo affare. La conclusione si è che Boito si reputerebbe l’uomo il più felice, il più fortunato se potesse scrivere il libretto del Nerone per Lei : e rinuncerebbe subito e con piacere all’idea di fare la musica. Boito mi disse francamente che si sentirebbe in caso di soddisfare a tutte le di Lei esigenze, che mai non si sarebbe accinto con tanta lena, con tanto entusiasmo come per questo lavoro, presentarsi poi la combinazione rarissima del poeta e del maestro convinti entrambi della bellezza del soggetto, ed esso ritiene che mai si trovò un soggetto così vasto, così bello, così adatto al genio di Verdi, come questo del Nerone. Io sono forse troppo interessato nella questione, e troppo meschino uomo per poter arrischiare una parola in proposito !... ma se avessi il coraggio, non potrei ristarmi dal pregarla con tutte le forze dell’animo di prendere in seria considerazione questa proposta, e di mantenere viva questa idea, la quale darebbe all’Arte italiana un nuovo capolavoro musicale, e forse uno dei più grandi suoi capolavori ! Io so ormai qual sia la di lei parte nella fattura di un libretto, e Boito sotto la di lei direzione, farebbe bene, molto bene !... comecché difficilmente possa trovarsi un verseggiatore più splendido e più elegante di lui, nella forma e nella sostanza. Del resto questa è cosa da trattarsi con tutta pacatezza, e quando a lei sembrerà giunto il tempo opportuno : intanto però sarebbe bene ch’Ella mi scrivesse in proposito qualche cosa, anche perché Boito possa regolarsi, inutile dire che è d’uopo del più scrupoloso silenzio. Io non oso (non son matto per niente) sperare bene !... e con tutta la conoscenza posso inviarle una parola di raccomandazione per questo giovane dotato d’ingegno veramente eletto, e che meriterebbe tanta fortuna. Peccato ch’io non possa più oltre dilungarmi, che avrei molto a dirle intorno a molte preziose confessioni che il Boito, in un momento di entusiasmo provato all’idea di fare per lei il Nerone, mi fe’ stamane intorno alle sue qualità musicali15.

Verdi è però alle prese con Aida, non ha tempo, e quindi temporeggia : « Non posso oggi rispondervi sull’affare Nerone ! Non ho un minuto da perdere. Gran progetto, voi dite !, verissimo, ma è realizzabile ? Vedremo !16 ».

Il 29 gennaio Ricordi riparte alla carica :

L’affare del Nerone è cosa talmente importante, che occorre pensarci seriamente ; poi c’è in campo ancora Aida, dunque come io capiva benissimo, non è affare da decidersi a tambour battant, ed anche una volta deciso ci vorrà tempo prima di condurlo a fine. Tuttavia io ho creduto opportuno parlarne adirittura, perché nel caso fortunato che si possa combinare, era inutile che Boito continui nel suo lavoro, come sarebbe stato un danno irreparabile, immenso, incommensurabile s’Ella, piacendole il soggetto, ne avesse dimesso l’idea per un più che gentile riguardo verso Boito. Io non ho fatto che tener viva l’idea, e c’è tempo e modo di accarezzarla e studiarla : ma certo s’Ella farà il Nerone, sarà cosa da sbalordire il mondo, che davvero più bel soggetto non saprei ove trovarlo, né situazioni, né passioni più atte a far risplendere il di lei Genio portentoso ! !17

Il giorno dopo, 30 gennaio, Verdi risponde :

Eccomi a voi pel Nerone. È inutile che ripeta quanto io ami questo soggetto. È inutile altresì che aggiunga quanto mi sarebbe grato aver a collaboratore un giovine poeta, di cui ho avuto anche ultimamente, in quest’Amleto, occasione di ammirare il moltissimo talento. Ma voi conoscete abbastanza bene le cose mie, ed i miei impegni, per capire quale grave pensiero sarebbe per me addossarmi questo nuovo carico. Io mi trovo in una posizione ben singolare. Non ho il coraggio di dire : facciamo, né oso rinunciare a così bel progetto. Ma ditemi, caro Giulio, non potremmo lasciare sospeso per qualche tempo questo affare, e riprenderlo più tardi ? Ho un’opera che attende si compiano i suoi destini. Ho un impegno, come sapete, con Du Locle : impegno che probabilmente andrà a vuoto, ma che, stante le tristi attuali vicende di guerra, mi guarderei bene di scioglierlo senza il consentimento del mio povero amico. Ho qualche altra cosuccia da sbrigare etc. etc. Togliamoci adunque da dosso tutte queste seccature, per poterci occupare esclusivamente, tenacemente del gran soggetto. Non pretendo che Boito stia a mia disposizione. Dio me ne guardi ! Non lo vorrei a qualunque costo. Ch’egli continui l’opera sua, come se non avessimo mai parlato. Più tardi se la cosa sarà ancora fattibile e conveniente ad entrambi la riprenderemo e la combineremo in due parole. Desidero anch’io su questo il più gran segreto18.

Evidentemente Verdi considererà che questo ‘gran soggetto’ non sarà né fattibile né conveniente e abbandonerà l’idea ; qualche giorno dopo questa lettera, il 9 febbraio, Amleto cadeva alla Scala.

Va però ricordato che gli anni a ridosso della conquista dello Stato della Chiesa, che avranno come conseguenza il trasferimento della capitale da Firenze a Roma, ufficializzato con la legge n. 33 del febbraio 187119, vedono certamente non a caso un rinnovato interesse dell’arte drammatica per la romanità e la figura di Nerone, in particolare con Vistilia. Scene tiberiane, romanzo di Rocco de Zerbi (1843-1894) pubblicato a puntate sulla Gazzetta di Napoli nel 1870 e poi in volume nel 1877 e, soprattutto, con Nerone di Pietro Cossa (1830-1881), dramma rappresentato nel 187120. Quest’ultimo avrà un enorme successo anche grazie all’interpretazione di Ernesto Rossi e resterà sulle scene almeno fino alla fine dell’800.

A partire dal 1873, inoltre, e fino al 1910, come riporta Giacomo Agosti, compaiono

sei raffigurazioni di Nerone, dipinte o scolpite da artisti italiani in un arco di tempo corrispondente alla gestazione del Nerone di Arrigo Boito. […] Prese nel loro insieme, le sei testimonianze figurative vengono a costituire una sorta di spettacolo su Nerone, scandito in diversi momenti rappresentati dalle varie aberrazioni del tiranno, di cui ogni artista fornisce un’interpretazione più o meno eversiva. […] A conferma di quanto Nerone sia stato un elemento iconograficamente provocatorio, sulla via della rappresentazione del “vero”, basterebbe il fatto che la prima volta che lo incontriamo, in un’Accademia italiana dopo l’Unità, sia nel 1873 con il Nerone vestito da donna di Emilio Gallori21.

In quegli anni, tra i vari altri impegni, Boito lavora alacremente alla revisione del Mefistofele che finirà per trionfare a Bologna nell’ottobre 1875. Nel frattempo si è riavvicinato a Verdi che ha incontrato di sfuggita alla stazione di Bologna, il 19 novembre 1871, dopo la rappresentazione del Lohengrin22. È noto che dopo Aida, andata in scena al Cairo il 24 dicembre 1871 e subito dopo alla Scala, l’8 febbraio del 1872, il compositore volesse dire addio al teatro. Tuttavia, in seguito alla morte di Alessandro Manzoni, avvenuta il 22 maggio 1873, Verdi comincia a pensare seriamente a una Messa da Requiem in suo onore e l’apporto di Boito, in quegli anni consigliere comunale a Milano, è fondamentale nel febbraio 1874 per la realizzazione del progetto.

Un altro elemento che va ricordato, perché a mio avviso inerente alla gestazione del Nerone, è il fatto che nel settembre 1874 Boito entra in contatto con il pianista e compositore russo Anton Rubinštejn, di cui ha studiato le composizioni ; a quest’ultimo, infatti, Emile Perrin, direttore dell’Opéra di Parigi negli anni 1862-1871 aveva richiesto un’opera originale, Néron, sul libretto in francese di Jules Barbier. Tuttavia, il compositore russo cominciò a lavorarci soltanto a partire dal 1875, quando la direzione del teatro parigino era già cambiata, e quindi la richiesta si rivelò non più attuale. Il Nerone di Rubinštejn e Barbier fu dunque rappresentato per la prima volta in traduzione tedesca al Teatro dell’opera di Amburgo, il 1° ottobre 187923.

Dopo il successo bolognese del Mefistofele, l’opera comincia a girare per teatri importanti e Boito si rimette al Nerone, come scrive egli stesso al conte Agostino Salina, il 15 febbraio 1876 : « Vivo tuffato nel sangue e nei profumi della corte di Nerone. […] Questo Nerone (che non ha niente a che fare con quello del Cossa) potrà forse presentarsi al pubblico fra un anno24 ». E di nuovo, qualche mese dopo, sempre al Salina :

Il Nerone va cuocendo, poco a poco, più nel mio cervello che nella carta, ma mi pare che vada cuocendo bene. Non so pensare ad altro, benché abbia altre cose da pensare. Andrò nel mese di luglio ad ingolfarmi e ad inarsenicarmi in qualche pozzanghera idroterapica. Poi, saturo di veleni, riprenderò il lavoro25.

In un’altra lettera del 22 novembre 1876, a Luigi Salina, figlio del conte Agostino, Boito fornisce qualche dettaglio supplementare sul proprio stato d’animo :

Vostro padre ha diritto di sapere che cosa faccio e se lavoro : ditegli, vi prego, che la mia nuova opera mette quasi ogni giorno una foglia e che se non dovessi andare a Torino e a Roma per tutelare le sorti del Mefistofele, e perdere così un paio di mesi preziosi, potrei forse aver compiuto il Nerone per l’anno venturo. Ma nell’arte nostra, coi nostri costumi, l’opera già fatta e rappresentata è la nemica naturale dell’opera che si sta facendo : l’una rallenta l’altra26.

Dal 1879, poi, grazie all’attiva complicità di Giulio Ricordi, ecco avviata la futura collaborazione con Verdi per l’Otello. Tuttavia, come sottolinea costantemente nella sua biografia Piero Nardi, egli non sa dire di no agli amici, come quando accetta di collaborare, su richiesta di Giuseppe Giacosa, a una serata di gala in onore del Re a Torino. Giacosa gli chiede infatti di scrivere musica su una sua Ode all’arte, commissionatagli per l’occasione, come gli scrive il 27 febbraio 1880 :

Non potei dire di no, ed è lavoro che mi pesa. C’è un mezzo solo di farmelo caro e graditissimo, ed è che tu accondiscenda ad essermi collaboratore […]. So che ti fu già parlato ed invano di tutto ciò, ma ho confidato nella nostra buona e ormai vecchia amicizia, la quale spero ti potrà smuovere dal rifiuto. Non mi negare, non negare a Torino un così grosso favore. Interrompi il Nerone, come io lascerò agonizzare per qualche giorno di più il mio Conte Rosso, al quale tre giorni sono ho somministrato il veleno […]27.

Dopo la prima di Mefistofele a Londra, il 24 luglio, 1880 Boito riceve la seguente lettera da Ricordi che lo incita anche a concludere l’affare dell’Otello :

Di un moro e di un romano tratterà la mia d’oggi ! […] Se devo credere a quanto ripetutamente mi dicesti, l’opera è ormai così matura, che non ti manca se non di staccarla dall’albero… Non farò parole inutili : mi limito a domandarti di farne il contratto con la mia Casa… Non ti domando già di legarti per un’epoca fissa, ché del tuo lavoro disporrai come tu giudicherai conveniente : ma a me pare che al punto in cui siamo nulla possa opporsi al concretar fra noi questo affare28.

Dopo il successo ormai europeo di Mefistofele – Vienna, Bruxelles, Madrid – suo fratello Camillo, il 16 febbraio 1883, lo incoraggia a non abbandonare il progetto ‘romano’ :

Caro Arrigo, sei dunque alla Spezia a riposarti sugli allori. Mi figuro che tu sia ritornato carico di croci e di doni, ma la miglior cosa che tu possa recare da Bruxelles e da Madrid è il desiderio di cui mi parli nella tua lettera : quello di terminare presto il Nerone. Bisogna pur dire una volta o l’altra : – Mi contento –29.

Nella primavera del 1883, Giacosa e Boito, membri della Commissione drammatica e musicale, devono recarsi a Roma e il secondo propone all’amico di fare un sopralluogo sui luoghi neroniani : « Visiteremo Siena tornando da Roma, così le buone impressioni saranno le ultime e tornerò a casa acceso dal fuoco sacro. […] Mi accompagnerai al settimo milliario sulla via Appia fuor di porta Capena, nei campi di Persio : ho bisogno di vedere quel posto30 ».

Il 26 aprile dell’anno seguente Boito invia da Milano una lettera importante a Verdi ove, tra le altre cose, rettifica quanto scritto da un giornale di Napoli, il Roma del 24 marzo 1884, che aveva riportato erroneamente alcuni propositi attribuitigli e secondo i quali egli rimpiangeva di non scrivere Otello per stesso. Poiché tale incidente diplomatico involontario rischia la rottura delle relazioni con Verdi, egli si premura di correre ai ripari mettendo, tra l’altro, per iscritto, una vera confessione della propria poetica :

Veda : già da sette od otto anni forse lavoro al Nerone (metta il forse dove vuol Lei, attaccato alla parola anni o alla parola lavoro) vivo sotto quell’incubo ; nei giorni che non lavoro passo le ore a darmi del pigro, nei giorni che lavoro mi dò dell’asino, e così scorre la vita e continuo a campare, lentamente asfisiato [sic] da un Ideale troppo alto per me. Per mia disgrazia ho studiato troppo la mia epoca (cioè l’epoca del mio argomento) e ne sono terribilmente innamorato e nessun altro soggetto al mondo, neanche l’Otello di Schakespeare [sic], potrebbe distogliermi dal mio tema ; esso risponde in tutto alla mia indole d’artista e al concetto che mi son fatto del Teatro : terminerò il Nerone o non lo terminerò ma è certo che non lo abbandonerò mai per un altro lavoro e se non avrò la forza di finirlo non mi lagnerò per questo e passerò la mia vita, né triste né lieta, con quel sogno nel pensiero.
Giudichi ora Lei se con questa ostinazione potevo accettare l’offerta sua. Ma per carità Lei non abbandoni l’Otello, non lo abbandoni, le è predestinato, lo faccia, aveva già incominciato a lavorarci ed io ero già tutto confortato e speravo già di vederlo, in un giorno non lontano, finito.
Lei è più sano di me, più forte di me, abbiamo fatto la prova del braccio e il mio piegava sotto il suo, la sua vita è tranquilla e serena, ripigli la penna e mi scriva presto : Caro Boito fatemi il piacere di mutare questi versi ecc. ecc. ed io li muterò subito con gioja e saprò lavorare per Lei, io che non so lavorare per me, perché Lei vive nella vita vera e reale dell’Arte io nel mondo delle allucinazioni. Ma devo finire. Tanti saluti alla Signora Giuseppina.
Un’ affettuosa stretta di mano
suo
Arrigo Boito
31.

Chiaritisi definitivamente32, i due riprendono a lavorare e non smetteranno più in un clima di crescente fiducia da parte di Verdi.

Nel corso del 1884 il Nerone continua a sonnecchiare33 mentre egli lavora all’Otello e si vede costretto a rifiutare una proposta dell’impresario del Teatro Comunale di Bologna :

Ho giurato di non por mano a nessun altro lavoro se prima non è terminato il Nerone (che per l’85 non sarà terminato) e per essere fedele a questo proposito ho rinunciato senza dolore a delle commissioni di editori musicali di Londra e di Associazioni di concerti che in Inghilterra mi chiedevano musica, e a commissioni di Epuloni musicofili che mi chiedevano poesia. […] Un libretto mi porterebbe via otto mesi di tempo : e questo è il meno ; spezzerebbe il filo del mio lavoro che, se non è molto teso, è però sempre continuato : e questo è il più. Se fossi un lavoratore veloce, accetterei con gioia ma, tutti lo sanno, sono un lavoratore assai lento : ora, chi lavora lentamente, ha almeno l’obbligo di lavorar bene, e far bene un libretto nuovo per un collega come Gigi, e lavorar bene al Nerone, sono due occupazioni che non possono andare nello stesso tempo34.

Dopo Otello, come è noto, ci sarà una nuova e ultima collaborazione con Verdi per il Falstaff.

Il 7 luglio 1889, il bussetano gli scriveva non senza un apparente, per lo meno, senso di colpa :

Voi, nel tracciare Falstaff avete mai pensato alla cifra enorme de’ miei anni ? So bene che mi risponderete esagerando lo stato di mia salute, buono, ottimo, robusto… E sia pure così : ciò malgrado converrete meco, che potrei essere tacciato di grande temerità nell’assumermi tanto incarico ! — E se non reggessi alla fatica ? ! — E se non arrivassi a finire la musica ?
Allora Voi avreste sciupato tempo e fatica inutilmente ! Per tutto l’oro del mondo io non lo vorrei. Quest’idea mi riesce insopportabile ; e tanto più insopportabile, se Voi, scrivendo Falstaff, doveste, non dico abbandonare, ma solo distrarre la vostra mente dal Nerone, o ritardare
l’epoca della produzione. Io sarei accusato di questo ritardo, ed i fulmini della malignità pubblica cadrebbero sulle mie spalle. […]35.

Se la collaborazione è infine avviata, come risulta dalla lettera di Verdi del 10 luglio 188936, sul Teatro illustrato del dicembre dell’anno seguente compariva la seguente notizia dai toni ottimistici :

A proposito di Arrigo Boito, interrogato intorno al Nerone, rispose che occupato intorno al libretto del Falstaff, che deve essere rappresentato l’anno venturo, aveva creduto suo dovere di lasciar stare per ora il Nerone, volendo concorrere per quanto era in lui al lavoro del Falstaff, per la parte che riguarda al poeta.
Ma assicurò che il Nerone sarà pronto immancabilmente per la stagione successiva, vale a dire per il 1892-93.
Di guisa che le due venture stagioni della Scala, hanno ormai assicurato due avvenimenti artistici di primissimo ordine
37.

Proprio in quegli anni, però, Pietro Mascagni si appassiona al dramma di Cossa che gode sempre di largo successo sulle scene dopo aver assistito a Livorno, tra il 1890 e il 1891, all’interpretazione magistrale di Ernesto Rossi. Mascagni è al corrente della lunga e faticosa gestazione di Boito e, su consiglio dei suoi librettisti, inizia a comporre Vistilia ; ci lavorerà dal 1891 al 1893 ma finirà per abbandonare il progetto, tuttavia, i pezzi composti confluiranno nel suo Nerone di 40 anni dopo.

Mentre Verdi lavora alla nuova opera, non dimentica in ogni caso di esortare Boito, il 1° gennaio 1891, a terminare il Nerone, al quale allude quell’imperativo contenuto nella lettera :

Car° Boito
Ridiamo pure !
Quel povero Zorzi è decisamente matto ! E considera il Pancione come cosa fatta, da metterlo su quel suo curioso bastone, che deve essere a quest’ora completamente tarmato !
A Voi pure (con Peppina) augurj buoni e lieti, ed aggiungo una sola parola…
Finite ! […]
38.

Qualche mese dopo, il 25 maggio 1891, un Verdi entusiastico si confida a Ricordi in merito al Nerone boitiano intervertendo così i ruoli rispetto ai primi approcci dell’editore che risalivano a circa venti anni prima :

Boito tornando da Parma si è fermato qui [a Sant’Agata] per circa quarantott’ore e m’ha letto il libretto del Nerone ! Non so se faccio male a dirvelo ; ma egli non m’ha raccomandato il segreto, e così ve ne parlo nella certezza che vi farà piacere il sentire che il libretto è splendido. L’opera è scolpita magistralmente e profondamente : cinque caratteri l’uno più bello dell’altro ; Nerone, malgrado la sua crudeltà, non è odioso : un quarto atto commoventissimo ; ed il tutto chiaro, netto, teatrale malgrado il massimo trambusto e movimento scenico. Non parlo dei versi ; ché sapete come li fa Boito : pure, questi mi sembrano più belli di tutti quelli che ha fatto fin’ora. Evviva dunque39.

L’anno seguente, mentre il lavoro sul Falstaff procede di buona lena, il compositore ritorna a incitare il suo librettista, il 6 agosto 1892, preoccupato da un articolo apparso sul Secolo XIX di Genova in merito a Pietro Mascagni :

Car Boito
Non credo d’esser mai stato dei più indiscreti parlandovi troppo spesso del Nerone. –
Ma dopo l’articolo del Secolo XIX de Genova che vi mando, credo dover mio per l’amicizia e la stima che ho per Voi, di dirvi che ora non dovete più esitare. Bisogna lavorare giorno e notte, se fà d’uopo, e far sì che Nerone sia pronto per l’anno venturo – anzi fin d’adesso bisognerebbe far pubblicare = “Quest’anno alla Scala Falstaff, l’anno venturo Nerone…[”] Questo parrà a Voi una risposta alle impertinenze citate dal Giornale di Genova. È vero ! ma non c’è rimedio, e secondo me, non vi è altro da fare. –
Se non ho detto bene : se ho detto troppo… sia per non detto !... Sapete che i vecchi sono bavards e brontoloni. –
Ad Ad
Af
G. Verdi
40.

Verdi si premura, tra l’altro, di allegare l’articolo in questione in cui il giornalista descrive una serata a Genova di giovani artisti, tra cui spiccano Mascagni e Alberto Franchetti. All’arrivo di quest’ultimo nel nuovo ristorante alla moda, il primo se lo accaparra e i due si mettono a discutere dei loro progetti davanti alla comitiva di amici ; ecco il brano dell’articolo che animò il gesto di Verdi nei confronti del suo librettista e che rivela la natura provocatoria di Mascagni :

Così, mentre Alberto Franchetti con quel suo fare alla buona parlava del suo Colombo e lasciava intravvedere i nuovi ideali a cui tende il suo ingegno e i nuovi soggetti a cui vorrebbe dedicarsi Mascagni raccontava che i Rantzau sono finiti ; che ha pure ultimato il Zanetto, opera in un atto che preparo per abbinare alla Cavalleria (soggetto tolto al Passant di Coppée) ; che in animo di musicare un soggetto romano autentico Vestiglia e che legge e studia Hammerling perché pensa di musicare il Nerone.
E siccome a questa uscita inattesa, i convitati si credettero in dovere di sbarrare tanto d’occhi, egli riprese :
– Sì, il Nerone pel quale l’egregio M. Boito m’accorda ancora tanto tempo ! […]
41

Il messaggio verdiano è molto chiaro : il tempo stringe, se non vuole vedersi soffiare il soggetto dal collega pugliese. Pur continuando a lavorare al Nerone, Boito si occuperà anche della traduzione in francese del Falstaff che andrà in scena a Parigi nell’aprile del 1894, un anno dopo la prima alla Scala.

In realtà, il dramma Nerone sarà pubblicato soltanto nel maggio 190142, qualche mese dopo la scomparsa di Verdi avvenuta il 27 gennaio.

Se, come riporta Nardi, di fronte a questa pubblicazione la critica « ne rimaneva disorientata, e non tardavano a piovere le accuse d’infedeltà alla storia, di ignoranza e di errore43 », unico a difenderlo fu Romualdo Giani44, sulle pagine della Rivista musicale ; tra gli amici, invece, i primi a reagire e a congratularsi furono Giovanni Verga e Antonio Fogazzaro. Così, in maniera succinta, il primo :

Ammiro il tuo scrupolo di esattezza storica, l’intuito, il senso squisito, la sicurezza di mano nelle grandi linee quanto nei minimi particolari di parola, di frase, di suono, di colore […] : è così che si piantano le pietre miliari nel cammino glorioso dell’arte. E me ne congratulo, come italiano, come tuo ammiratore e tuo amico45.

Mentre il secondo, in una lettera del 21 maggio 1901, lo copriva di elogi :

Meravigliosa rievocazione ! La parola vi è il vertice luminoso di una costruzione potente che al lettore appare molto più che allo spettatore, e che rivela, nell’ombra delle sue fondamenta, i lunghi anni di studi e di amore intenso. Della potenza di Nerone non parlo. Devi esserne tanto conscio da non curare affatto i giudizi altrui. Forse non lo sarai altrettanto della potenza di Asteria ch’è straordinaria. Asteria entra nel sangue come un filtro. Mi duole non aver trovato San Paolo Fanuel che in seconda linea sarebbe assai simpatico, non ha la grandezza di luce austera che si desidera nel campo cristiano per contrapporla alla grandezza delle tenebre pagane ! Per dire tutti i desideri miei, soggiungerò che se mi piace l’aver tu levata a Simon Mago la sua Elena, o Selene che fosse, per farne un’Asteria, creatura ben diversa e ben superiore, mi piace meno di vedergli tolte anche le reali sue virtù demoniache. E i versi ? I Versi hanno il solito inesprimibile fascino. Inesprimibile e inafferrabile ; perché tanto in quelli di soavità più semplice come in quelli di più laborioso artificio io lo sento identico e per ciò non mi riesce di coglierne la natura. Questa identità viene forse da ciò : che tu educhi nel tuo campo gli stessi fiori ; alcuni li offri appena colti, di altri distilli l’essenza : in fondo, è lo stesso profumo […]46.

Rispondendo a Fogazzaro e dandogli ragione riguardo la figura di San Paolo, che aveva immaginato inizialmente ma alla quale aveva poi preferito rinunciare, Boito aggiunge infine una frase, a mio avviso, altamente rivelatrice del lungo travaglio creativo dell’artista che finisce col riconoscere la vera natura del Nerone : « Mi sono costruito con le mie stesse mani, e con grande amore e fatica, lo strumento delle mie torture47 ».

Questa riflessione dal sapore di confessione mi sembra dunque essere la cifra della lunga gestazione boitiana sulla figura dell’imperatore romano e ciò mi pare avvalorato dal fatto che egli la riporterà tale e quale, in francese, rispondendo soltanto il 5 gennaio 1902 a Camille Bellaigue che gli aveva scritto nel mese di luglio dell’anno precedente :

Vous commenciez par ce mot redoutable qui est au fond de ma conscience […] : Quelle musique ne faudra-t-il pas etc. etc. Oui, j’ai forgé de mes propres mains l’instrument de ma torture. […] Mon cher ami, quel travail ! et qu’elles sont aujourd’hui peu nombreuses les notes vraiment dignes d’être mises sur la portée ! En aurai-je ?48

Trascorreranno ancora dieci anni prima che Boito annunci a Ricordi, nella primavera del 1911, che il Nerone è finito ma, benché si decida che verrà rappresentato alla Scala nel corso della prossima stagione invernale – nel frattempo Ricordi muore il 6 giugno 1911 – l’opera sarà presentata per la prima volta soltanto il 1° maggio 192449, sei anni dopo la morte del compositore-librettista. Ultimata ma non interamente strumentata, l’opera sarà orchestrata da Arturo Toscanini, Antonio Smareglia e Vincenzo Tommasini, i quali la completeranno seguendo le indicazioni lasciate da Boito.

Certamente uno degli elementi problematici del libretto, come Ricordi aveva intuito alla lettura, è quel quinto atto che Boito immagina nella tragedia pubblicata nel 1901 e che alla fine elimina dal libretto, dietro consiglio di Ricordi, atto in cui Nerone crolla psichicamente mentre recita l’Oreste e ove compare lo spettro di sua madre, Agrippina, ristabilendo così, alla fine della tragedia, un fil rouge con la scena iniziale in cui il matricida veniva assalito dai sensi di colpa. Il libretto pubblicato e rappresentato è quindi una ‘tragedia lirica’ in 4 atti e due quadri, che sono i seguenti : I. La via Appia, II. Il tempio di Simon Mago, III. L’orto, IV. Il Circo Massimo : l’Oppidum e lo Spoliarum50. La vicenda musicale si conclude quindi con l’incendio che avvampa su Roma e sulla morte di Rubria, la martire cristiana.

Adatto per la scena teatrale, come dimostra il testo pubblicato nel 1901, il Nerone non era forse un argomento ‘operabile’, mi si consenta il neologismo, atto cioè a essere trasposto su una scena operistica, checché ne dicesse Verdi, ma a livello puramente teorico, negli anni 1870, dato che poi abbandonò l’idea, e come dimostrerà d’altra parte anche il tentativo di Mascagni rappresentato alla Scala il 16 gennaio 1935. Se l’opera fondatrice del mito di Nerone dei tempi moderni, per così dire, è tuttavia il romanzo Quo Vadis ? (1896) del polacco Sienkewicz, è il cinema nascente, in quegli stessi anni, a far proprio l’argomento anche sulla scia del successo del romanzo polacco che dà vita a più di una mezza dozzina di adattamenti tra il 1896 e il 1924. Tuttavia, sarei tentato di concludere, forse l’unica strada percorribile era quella della satira che Ettore Petrolini portava già in giro da alcuni anni e che, non a caso, ebbe grande fortuna e fu persino apprezzata dai vertici fascisti, ivi compreso Mussolini, e che fu poi consacrata su scala nazionale dal film Nerone di Alessandro Blasetti del 193051.

Sebbene, in merito alla lunghissima procrastinazione di Boito riguardo il Nerone, Morelli semplifichi forse un po’ troppo quando afferma che « In un certo senso non scrivere e non fare o non finire l’opera è un buon programma di profilassi e prevenzione della penosa estinzione del successo di un’opera effettivamente compiuta e fatta. Un antidoto, uno schermo opposto al morso dei vermi del tempo52 », ciò che non può mancare di colpire è il fatto che tanto per Boito quanto per Mascagni l’ossessione neroniana – che assume chiaramente la forma di una nevrosi – durò molti decenni, fu lunga quanto una vita e non si può dunque non tentare di scovarvi, per finire, un significato più profondo. Per Mascagni, che abbandonerà il progetto ‘romano’ di Vestilia nel 1893 per far poi confluire nel suo Nerone, ben quarant’anni dopo, i pochi pezzi composti, perché la figura di Nerone lo interessava « fino all’ossessione, fino al peccato53 », si trattò, in particolare, di evidenti riflessi autobiografici e istrionici non privi, peraltro, di qualche rinvio ‘subliminale’ all’uomo forte del momento ; per Boito, invece, l’aver forgiato con le proprie mani lo strumento per autotorturarsi potrebbe rivelare proprio quel contrasto insanabile tra ‘arte’ e ‘forma’ cui ho accennato all’inizio.

Notes de bas de page numériques

1 Biglietto di Victor Hugo ad Arrigo Boito dopo aver ricevuto in regalo Re Orso, in Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 184.

2 Entrambe le citazioni in Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 92.

3 Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 91.

4 Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 101.

5 Giovanni Morelli, « Qualcosa sul Nerone », in Arrigo Boito, a cura di Giovanni Morelli, Atti del convegno tenuto a Venezia, Firenze, Olschki, [Linea veneta 11], 1994, p. 525.

6 Per un’analisi della plurigenesi di Nerone rinvio all’ottimo articolo di Morelli (pp. 519-555) e a quelli di Giovannella Cresci Marrone, « Le ‘Romanità’ del ‘Nerone’ », p. 473-484 e di Carmelo Alberti, « Tentazioni romanzesche, pentimenti e congestioni illustrative nelle didascalie del ‘Nerone’. Rilievi sulle fonti », p. 485-508, contenuti nello stesso volume.

7 Giovanni Morelli, « Qualcosa sul Nerone », in Arrigo Boito, a cura di Giovanni Morelli, Atti del convegno tenuto a Venezia, Firenze, Olschki, [Linea veneta 11], 1994, p. 551.

8 In Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 112-113.

9 Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 132-133.

10 Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 164. E Nardi aggiunge : « il saggio su Mendelssohn in Italia contiene, per quanto in forma non confessata da Boito (diversamente, come avrebbe egli parlato di ‘gran poeta’ ?), l’atto di fede da cui nasceva, con Boito, il primo nostro grande librettista moderno, il librettista capace di condizionare […] anche la musica di un Verdi, di determinarne il rinnovamento nell’Otello e nel Falstaff». (p. 166).

11 Citato in Carteggio Verdi-Boito, a nuova cura di Marcello Conati, Parma, Istituto nazionale di studi verdiani, 2014, p. LVII. Si tratta ovviamente del dramma di A. Dumas.

12 L’episodio, ormai famoso, è riportato nel Preambolo del curatore, « Il valore del tempo. Verdi e Boito : preistoria di una collaborazione », nel Carteggio Verdi-Boito, a nuova cura di Marcello Conati, Parma, Istituto nazionale di studi verdiani, 2014, p. XXXIV-XXXVI.

13 Citato in Carteggio Verdi-Boito, a nuova cura di Marcello Conati, Parma, Istituto nazionale di studi verdiani, 2014, p. LVII-LVIII.

14 Citato in Carteggio Verdi-Boito, a nuova cura di Marcello Conati, Parma, Istituto nazionale di studi verdiani, 2014, p. LVIII.

15 Citato in Carteggio Verdi-Boito, a nuova cura di Marcello Conati, Parma, Istituto nazionale di studi verdiani, 2014, p. LIX-LX.

16 Citato in Carteggio Verdi-Boito, a nuova cura di Marcello Conati, Parma, Istituto nazionale di studi verdiani, 2014, p. LXI.

17 Citato in Carteggio Verdi-Boito, a nuova cura di Marcello Conati, Parma, Istituto nazionale di studi verdiani, 2014, p. LXI.

18 Citato in Carteggio Verdi-Boito, a nuova cura di Marcello Conati, Parma, Istituto nazionale di studi verdiani, 2014, p. LXII.

19 Cfr. http://www.150anni-lanostrastoria.it/index.php/roma-capitale .

20 Walter Zidarič, « Nerone (1935) di Pietro Mascagni e Giovanni Targioni-Tozzetti : l’anti-eroe sulla scena operistica negli anni del Fascismo », in Fonti e influenze italiane per libretti d’opera del 900 e oltre, Lucca, LIM, 2013, pp. 49-71.

21 Giacomo Agosti, « Saggi di iconografia neroniana nelle accademie italiane tra Otto e Novecento », in Arrigo Boito, a cura di Giovanni Morelli, Atti del convegno tenuto a Venezia, Firenze, Olschki, [Linea veneta 11], 1994, p. 509-510. Agosti ricorda inoltre che questa scultura in gesso « fu mandata all’Esposizione Universale di Vienna, ove fu recensita dalla stampa più prestigiosa. […] e soprattutto la descrisse e la analizzo in una lunga pagina Camillo Boito ». (In Giacomo Agosti, « Saggi di iconografia neroniana nelle accademie italiane tra Otto e Novecento », in Arrigo Boito, a cura di Giovanni Morelli, Atti del convegno tenuto a Venezia, Firenze, Olschki, [Linea veneta 11], 1994, p. 511).

22 Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 335.

23 L’opera fu poi rappresentata al Mariinskij di San Pietroburgo, in lingua italiana, il 10 febbraio (29 gennaio del vecchio calendario) 1884, mentre la versione originale in francese andrà in scena per la prima volta al Théâtre des Arts di Rouen il 14 febbraio 1894. Cfr. Grigorij Bernandt, Slovar’ oper. Vpervye postavlennyx ili izdannyx v dorevoljucionnoj Rossii i v SSSR, 1736-1959, Mosca, Sovetskij kompozitor, 1962, p. 370.

24 Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 406.

25 Nardi data la lettera 12 giugno 1876, in Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 411.

26 Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 413. Ricordiamo che tra il 1875 e il 1876, soltanto in qualità di librettista, lavora a La falce di Alfredo Catalani (1875), a Semira di Luigi San Germano (1876, ma non rappresentata) e alla Gioconda di Amilcare Ponchielli (1876). Per la lista completa dei libretti di Boito, cfr. Emanuele d’Angelo, Arrigo Boito drammaturgo per musica. Idee, visioni, forma e battaglie, Venezia, Marsilio, 2010, pp. 271-280.

27 Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 433.

28 Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 466.

29 Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 485.

30 Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 438. Nel corso del loro viaggio i due amici e colleghi visiteranno anche il museo archeologico di Napoli.

31 Citato in Carteggio Verdi-Boito, a nuova cura di Marcello Conati, Parma, Istituto nazionale di studi verdiani, 2014, pp. 89-90. Le sottolineature in grassetto sono mie.

32 Verdi risponderà il giorno stesso, 26 aprile, con le seguenti parole : « Voi dite : “Terminerò Nerone, o non lo terminerò !![”] Ripeto anch’io le vostre parole, per ciò che riguarda Otello. Se ne è parlato troppo ! Troppo il tempo trascorso ! Troppo i miei anni d’età ! E troppo i miei “Anni di Servizio[”]!!!! [sottolineato tre volte] Che il Pubblico non abbia a dirmi troppo evidentemente “Basta![”] […] Intanto, lietissimo di questa nostra spiegazione, che era però meglio fosse avvenuta appena tornaste da Napoli […] ». (Citato in I Copialettere di Giuseppe Verdi, a cura di Gaetano Cesari e Alessandro Luzio, Sala Bolognese, Arnaldo Forni editore [ristampa anastatica dell’edizione di Milano, 1913], 1987, pp. 325-326 e in Carteggio Verdi-Boito, a nuova cura di Marcello Conati, Parma, Istituto nazionale di studi verdiani, 2014, p. 95)

33 In una lettera che Nardi data del luglio 1884, Boito informa Giacosa di non poter collaborare con lui : « Ti giuro che se non avessi sul tavolo eternamente quel terribilissimo Nerone che mi logora il cervello, il nostro dramma in collaborazione [forse il Provenzano] sarebbe già fatto da parecchi anni : ho sempre vagheggiato questo lavoro, questa partita intellettuale con te ». (Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 444)

34 Lettera del 14 ottobre 1884, in Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 498.

35 Citato in Carteggio Verdi-Boito, a nuova cura di Marcello Conati, Parma, Istituto nazionale di studi verdiani, 2014, p. 199.

36 « Caro Boito. / Amen; e così sia ! / Facciamo addumque [sic] Falstaff ! Non pensiamo pel momento agli ostacoli, all’età, alle malattie !. […] ». (Carteggio Verdi-Boito, a nuova cura di Marcello Conati, Parma, Istituto nazionale di studi verdiani, 2014, p. 203)

37 Leone Fortis, « Una futura nuova opera del Verdi Falstaff », Il teatro illustrato, X/120 (dicembre 1890).

38 Carteggio Verdi-Boito, a nuova cura di Marcello Conati, Parma, Istituto nazionale di studi verdiani, 2014, p. 246.

39 Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 589.

40 Carteggio Verdi-Boito, a nuova cura di Marcello Conati, Parma, Istituto nazionale di studi verdiani, 2014, p. 288.

41 Carteggio Verdi-Boito, a nuova cura di Marcello Conati, Parma, Istituto nazionale di studi verdiani, 2014, p. 289.

42 Arrigo Boito, Nerone. Tragedia in 5 atti, Milano, Fratelli Treves, 1901.

43 Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 636.

44 Emanuele d’Angelo fa tuttavia notare che nel 1924 il Giani, « che pure fu autore di un esaltante saggio sull’ultima tragedia boitiana, dimenticando che il linguaggio del melodramma ottocentesco è aulico di regola e realistico di eccezione, accusò il poeta padovano di scrivere in modo illogico, bizzarro e gratuitamente prezioso […] » (Emanuele d’Angelo, Arrigo Boito drammaturgo per musica. Idee, visioni, forma e battaglie, Venezia, Marsilio, 2010, p. 193).

45 Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 632.

46 Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 633.

47 Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 638.

48 Piero Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 648. La sottolineatura in grassetto è mia. Per la lettera di Bellaigue del 7 luglio 1901, cfr. pp. 632-633.

49 Il pubblico tributò al Nerone di Boito un autentico trionfo e le recite fruttarono un incasso eccezionale al Teatro alla Scala. Ricordiamo che benché l’opera sia stata rappresentata raramente dopo la prima, gode tuttavia a tutt’oggi di ben sei incisioni discografiche : 1924, 1948, 1957, 1975, 1981, 1989.

50 Arrigo Boito, NERONE. Tragedia in quattro atti, Milano – Roma – Napoli – Palermo – Londra – Lipsia – Buenos Aires – San Paulo – Paris – New York, G. Ricordi & C., 1924.

51 Walter Zidarič, « Nerone (1935) di Pietro Mascagni e Giovanni Targioni-Tozzetti : l’anti-eroe sulla scena operistica negli anni del Fascismo », in Fonti e influenze italiane per libretti d’opera del 900 e oltre, Lucca, LIM, 2013, pp. 57-58.

52 Giovanni Morelli, « Qualcosa sul Nerone », in Arrigo Boito, a cura di Giovanni Morelli, Atti del convegno tenuto a Venezia, Firenze, Olschki, [Linea veneta 11], 1994, p. 525.

53 Citato in Gherardo Ghirardini, Invito all’ascolto di Mascagni, Milano, Mursia, 1988, p. 79 e in Walter Zidarič, « Nerone (1935) di Pietro Mascagni e Giovanni Targioni-Tozzetti : l’anti-eroe sulla scena operistica negli anni del Fascismo », in Fonti e influenze italiane per libretti d’opera del 900 e oltre, Lucca, LIM, 2013, p. 55.

Bibliographie

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D’ANGELO Emanuele, Arrigo Boito drammaturgo per musica. Idee, visioni, forma e battaglie, Venezia, Marsilio, 2010

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MORELLI Giovanni, « Qualcosa sul Nerone », in Arrigo Boito, a cura di Giovanni Morelli, Atti del convegno tenuto a Venezia, Firenze, Olschki, [Linea veneta 11], 1994, p. 519-555

CRESCI MARRRONE Giovannella, « Le ‘Romanità’ del ‘Nerone’« , in Arrigo Boito, a cura di Giovanni Morelli, Atti del convegno tenuto a Venezia, Firenze, Olschki, [Linea veneta 11], 1994, p. 473-484

ALBERTI Carmelo, « Tentazioni romanzesche, pentimenti e congestioni illustrative nelle didascalie del ‘Nerone’. Rilievi sulle fonti », in Arrigo Boito, a cura di Giovanni Morelli, Atti del convegno tenuto a Venezia, Firenze, Olschki, [Linea veneta 11], 1994, pp. 485-508

ZIDARIČ Walter, « Nerone (1935) di Pietro Mascagni e Giovanni Targioni-Tozzetti : l’anti-eroe sulla scena operistica negli anni del Fascismo », in Fonti e influenze italiane per libretti d’opera del 900 e oltre, Lucca, LIM, 2013, pp. 49-71

http://www.150anni-lanostrastoria.it/index.php/roma-capitale

Pour citer cet article

Walter Zidarič, « Nerone, l’opera (di una vita) incompiuta di Boito », paru dans Loxias-Colloques, 17. Arrigo Boito cent ans après, Nerone, l’opera (di una vita) incompiuta di Boito, mis en ligne le 30 mai 2020, URL : http://revel.unice.fr/symposia/actel/index.html?id=1616.

Auteurs

Walter Zidarič

Professeur des universités en études italiennes à l’Université de Nantes, Walter Zidarič a publié plusieurs ouvrages, en italien et en français, dont L’univers dramatique d’Amilcare Ponchielli (L’Harmattan, 2010), Fonti e influenze italiane per libretti d’opera del ‘900 e oltre (LIM 2013), Tutto il teatro di Ercole Luigi Morselli (Universitalia 2017), de nombreux volumes d’Actes de colloques et plusieurs dizaines d’articles dans des revues scientifiques. Il est aussi librettiste avec Lars Cleen : lo straniero (2015, musique de Paolo Rosato) et Orione (2019, musique de Simone Fermani). En 2019 il a publié sa première pièce théâtrale : Io, da qui, non me ne vado, inspirée de la vie et des œuvres d’Ercole Luigi Morselli.